Giardino monumentale di Valsanzibio
Questo giardino, che ha oltre trecentocinquant'anni di storia, venne realizzato tra il 1665 ed il 1696 da una delle più ricche e importanti famiglie veneziane, la famiglia Barbarigo, come voto solenne a Dio affinchè sconfiggesse la peste del 1630-31.
Il luogo è concepito come una passeggiata allegorica che infonde nel visitatore un messaggio positivo, di speranza: la concezione di una vita dove le difficoltà si affrontano e dove una soluzione c’è sempre, una vita dove ogni tanto è bene fermarsi a meditare, a considerare che il tempo è prezioso e, per questo, va vissuto intensamente e con gioia, in attesa dell’eternità.
Valsanzibio è stato portato all’attuale splendore nella seconda metà del Seicento dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, aiutato dai figli Antonio e Gregorio.
Fu proprio quest’ultimo, il primogenito Gregorio, cardinale, vescovo di Padova e futuro santo, a ispirare l’alta simbologia del progetto dovuto al principale architetto e fontaniere pontificio Luigi Bernini. Infatti, l’allora Cardinale Gregorio Barbarigo, in seguito a un voto solenne fatto da suo padre a Nostro Signore nel 1631, volle che il giardino di Valsanzibio fosse monumentale emblema della via di perfezione che porta l’uomo dall’Errore alla Verità, dall’Ignoranza alla Rivelazione.
Il Padiglione di Diana non era solo l’entrata principale via acqua alla tenuta dei Barbarigo nel diciassettesimo e diciottesimo secolo, ma, questa superba e imponente porta d’ingresso rappresentava, e tutt’oggi rappresenta, l’inizio del percorso di salvificazione voluto dal Santo Gregorio Barbarigo, che finisce davanti alla Villa, al Piazzale della Fontana del Fungo, dell’Estasi o, appunto, delle Rivelazioni.
Il labirinto in bossi ha circa quattrocento anni, probabilmente il più antico al mondo del suo genere, con pareti di bosso alte fino a 5 metri, e consta di oltre sessanta statue scolpite nella pietra d’Istria, in gran parte opera del Merengo.
Nel giardino vi sono alberi dai trecento ai novecento anni di età, esemplari ultrasecolari provenienti da tutti e quattro i continenti (Asia, America, Africa e Europa).
Museo dell’aria di San Pelagio, a due Carrare
Dal 1980 il Museo del Volo si sviluppa nelle due ali del Castello di San Pelagio, padronale e rustica. Attraverso sezioni tematiche, il museo ripercorre le principali tappe dell’evoluzione dei mezzi che hanno portato l’uomo alla scoperta del cielo e dello spazio.
Negli antichi granai, nelle cantine e nelle stanze residenziali della Famiglia Zaborra sono oggi esposte storie di voli mitici, di scienziati visionari, di mongolfiere e dirigibili, di aeroplani, idrovolanti e mezzi spaziali.
Il 6 giugno 1917 l’esercito italiano allestisce un campo di volo sui terreni agricoli di proprietà della famiglia Zaborra. A questo periodo risalgono il tornio utilizzato per realizzare parti degli aerei e la macchina da cucire Singer con la quale si confezionavano i paracadute e le tele che rivestivano le ali degli aerei.
La settecentesca scala di pietra dà accesso alle Stanze Dannunziane al primo piano, dove una visita guidata vi potrà raccontare le gesta del poeta-soldato che da San Pelagio partì per il volo su Vienna del 9 agosto 1918.
Il Catajo a Battaglia Terme
Il castello immenso e scenografico incastonato nella roccia, una terrazza palcoscenico di eventi e matrimoni, una vista mozzafiato di natura e bellezza, la grande fontana dell’elefante, il giardino che restituisce il profumo e i colori delle preziose rose del 1700.
Ma anche il salone nobile con l’intero ciclo pittorico di Zelotti, tra i più completi, importanti e ben conservati nel suo genere, uno dei primi esempi di pittura auto celebrativa nel nord Italia. In quaranta riquadri prendono vita le vicende e le gesta della famiglia Obizzi, in un articolato “racconto per immagini” tra battaglie, matrimoni e tragici assassini, ingentilite nei soffitti e nelle sovrapporta da varie allegorie e festoni con putti e fiori.
Portale Monumentale risalente al XVIII secolo, l’ingresso principale al castello è concepito come un arco di trionfo dal Marchese Tommaso degli Obizzi, con statue, fregi e mascheroni. L’intera struttura è realizzata in pietra bianca di Vicenza, mattoni e infissi di legno.
Ben riconoscibile lo stemma del marchese Tommaso degli Obizzi in chiave di volta e decorazioni ai lati con chiari motivi che richiamano imprese militari.
Museo civico di Abano Villa Bassi Rathgeb
La storia di Villa Bassi Rathgeb inizia nel 1566, quando il ricco e nobile Giovanni Antonio Secco, di origini cremasche ma veneziano d'adozione, stimato medico, decise di fare un cospicuo investimento nell'acquisto di un'ampia area coltivata nel territorio di Abano.
Su uno di questi terreni c'era una piccola casa in muratura con tetto di tegole fornita di cortile, tettoie, stalla, forno, pozzo, orto e frutteto. Il nuovo proprietario volle che proprio nel luogo di quella domuncula sorgesse una casa grande di statio, una villa padronale.
Nel 1576 la costruzione era già completata. La domuncula era stata trasformata in una casa importante, con la facciata rivolta verso la Via Ampia che collegava Abano a Padova. Al centro della facciata un portico a triplice arco conduce all'ingresso dell'abitazione. Ai due lati sorgevano due torri.
Un giardino all'italiana abbelliva l'ingresso della casa e un altro al lato opposto si lasciava ammirare dalle vetrate della sala centrale. Addossato a un lato della villa sorgeva un edificio riservato al personale e agli annessi rustici. Non mancavano la corte, il brolo, la peschiera e un piccolo oratorio.
La proprietà passò di mano in mano agli eredi della famiglia, diventando sempre più ricca ed elegante. I Secco intanto avevano lasciato Venezia per trasferirsi a Padova, creando forti legami con la nobiltà patavina e imparentandosi con famiglie importanti, come i conti Papafava e i marchesi Dondi dell'Orologio.
Nel 1769, alla morte dell'ultimo esponente dei Secco, la proprietà passò in eredità ai fratelli Giovanni e Francesco Dondi dell'Orologio.
Con grande investimento di denaro la villa in questi anni venne ampliata e modificata per adattarla alla moda del tempo. Fu innalzata di un piano e arricchita di un nuovo giardino con labirinto.
Il vecchio oratorio un po' malconcio fu sostituito con una nuova cappella, consacrata nel 1777 e intitolata alla Beata Vergine di Loreto.
Gli affreschi cinquecenteschi con scene bucoliche e mitologiche, ormai considerati fuori moda, vennero coperti con stucchi, tanto amati in quell'epoca.
Grande merito dell'illuminato marchese Giovanni fu il rilancio da lui voluto delle attività termali, che pose fine al lungo oblio nel quale le preziose acque salsobromoiodiche del bacino aponense erano cadute, dopo essere state ampiamente sfruttate dai Romani, entusiasti estimatori delle loro doti terapeutiche.
I pregevoli dipinti che si possono ammirare in questa villa sono stati lasciati alla Città di Abano Terme da Roberto Bassi Rathgeb alla sua morte, avvenuta a Padova nel 1972. Nato a Bergamo nel 1911, questo grande studioso e appassionato collezionista d'arte era profondamente legato ad Abano Terme, dove si era trasferito per curarsi e che era diventato il suo luogo d'elezione.
Villa Vescovi di Luvigliano
Monumento importante nel panorama delle ville venete, che introduce in queste terre il gusto per la classicità e gli echi rinascimentali romani, anticipando così l'estetica del Palladio.
L’opera fu concepita nel primo Cinquecento dal nobiluomo Alvise Cornaro e dal Vescovo di Padova, che qui individuò la sede per un circolo intellettuale raccolto attorno al valore del paesaggio e al suo ruolo di stimolo verso riflessioni e pensieri elevati, elementi indispensabili per governare bene.
Progettata su questi ideali dall’architetto veronese Falconetto e con una concezione rigidamente geometrica, la Villa fu oggetto di successivi interventi di Giulio Romano.
Si presenta come un raffinato esperimento della cultura umanistica in cui architettura, arte e paesaggio giocano fra loro in continui rimandi visivi negli spazi delle logge e delle terrazze per realizzare il benessere dell’uomo.
Gli ambienti interni interamente affrescati dal pittore fiammingo Lambert Sustris (grande seguace di Tiziano) con trionfi, trofei e bucolici paesaggi continuano nelle logge esterne, fino a fondersi con quelli reali dei Colli Euganei.
Parco Frassanelle
Un parco unico nel suo genere, che si estende per 65 ettari fra dolci colline e verdi prati, senza alcun tipo di interruzione nè attraversamento stradale. Disegnato nel 1860, il Parco Frassanelle comprende al suo interno anche un rinomato campo da golf.
Frutto del gusto romantico ottocentesco, il parco deve la sua struttura al pittore Alberto Papafava che, ispirato dal suo amore per la natura e dallo spirito dell'epoca, ha creato un'area naturalistica variegata e armonica. I tratti pianeggianti si alternano a quelli collinari, i sentieri accompagnano i visitatori lungo itinerari suggestivi e non mancano elementi di grande fascino come la grotta, il tempietto neoclassico, l'orrido e il boschetto di bambù.
La mano dell'uomo stringe quella di Madre Natura al Parco Frassanelle, in un connubio unico e di grande magia che lo rende una delle aree verdi più prestigiose di tutto il Veneto.
I posti più iconici, affascinanti e apprezzati dei Colli Euganei ti aspettano: non ti resta che pianificare il tuo soggiorno!