Ita Eng Deu

12. Il sentiero del Monte Fasolo

Il sentiero inizia presso il capitello di S. Antonio, alla sommità della strada proveniente dall'abitato di Faedo (via Giarin). Nel primo tratto attraversa in piano un bosco di carpini, frassini, roverella con sottobosco tipico dove si nota abbondante pungitopo, il sorbo terminale ed il moro mato, pianta originaria dell'Asia orientale.  Al bivio si svolta a sinistra e, camminando in leggera salita nel bosco luminoso, si può osservare l'albero di Giuda, che si tramanda essere l'albero a cui rami Giuda si impiccò. Terminata la salita ci si inoltra in un tratto di bosco decisamente più fitto e meno luminoso, dove la presenza dei primi esemplari di castagno indica il cambio di esposizione, ora rivolta a nordest. Ai margini del sentiero, tra le piante erbacee è facile scorgere un'interessantissima essenza considerata relitto glaciale e tra le più microterme dei Colli: l'epimedio alpino e, nel sottobosco circostante, la felce aquilina. La strada prosegue in piano con il castagno sempre più presente che va gradatamente sostituendo il bosco misto; si riprende a salire e di nuovo compare il bosco misto e luminoso. Conclusa la breve salita, si supera a destra una staccionata e si prosegue in piano, osservando sulla sinistra gli affioramenti di roccia sedimentaria (Scaglia Rossa).
Il bosco in questo tratto è ancora misto, con una prevalenza di alberi di Giuda, mentre più avanti torna il castagno accompagnato dal nocciolo. Voltando a destra al bivio successivo e subito dopo la discesa, a sinistra, una strada tra carpini, noccioli, castagni ornielli e, roverella conduce ad un punto di sosta e ad un maestoso esemplare secolare di faggio, segnalato da apposito cartello. Da qui si segue tenendo sempre la direzione diritta il sentiero principale, in un bosco misto dove è possibile osservare alcuni interessanti esemplari di cerro, una specie di quercia poco diffusa sugli Euganei. Una curva a gomito a sinistra riporta sulla carrareccia che percorre le pendici del Fasolo. Si cammina tenendo sulla destra alcuni vigneti e, dopo un breve tratto in salita, si passa attraverso il noto e panoramico viale dei mandorli che in primavera esplode in una splendida fioritura; questo tratto di strada, per la sua posizione, consente di ammirare sia le colline a meridione, sia, verso nord, il Venda e il Vendevolo; proseguendo verso la strada comunale, di fronte alla fattoria Monte Fasolo, si incontra un bellissimo esemplare di bagolaro; poco distante sorge la chiesetta di S. Gaetano, in uno dei punti più elevati del colle. Da qui si prosegue tra mandorli, vigneti e ulivi fino ad arrivare al punto di partenza.


Un suggestivo tempietto lungo il sentiero del Monte Fasolo.
L’oratorio di San Gaetano si trova lungo un tratto del sentiero n. 12 del Parco Regionale dei Colli Euganei che tocca le pendici del monte Fasolo, nei pressi della Fattoria Monte Fasolo. 
Giunti nelle vicinanze della Fattoria Monte Fasolo, il percorso si snoda su una strada panoramica affiancata da mandorli, da cui ammirare i monti Rusta, Gemola, Cero, Castello, e i più lontani monti Cecilia, Ricco e Ventolone.
A poca distanza dall’azienda, proseguendo per il sentiero è possibile scorgere sulla sinistra il profilo di una chiesetta, l’Oratorio di San Gaetano. In questo luogo suggestivo che evoca scorci mediterranei, si immerge la costruzione bianca, di piccole dimensioni, protetta dai cipressi che ne circondano la corte. 
Il piccolo oratorio venne edificato nel 1669 e dedicato a San Gaetano, santo di origini vicentine nato nel 1480. Di fronte all’oratorio si trova anche la statua che raffigura il santo.

VEGRO DEL MONTE MOTTOLONE
Il termine vegro descrive un terreno arido, sassoso ed improduttivo di origine sedimentaria formato da un substrato calcareo, soprattutto in scaglia. Un prato arso con copertura erbacea discontinua e cespuglieti (biancospino, ginestra, ...).
Nei Colli Euganei, le aree più importanti per estensione si trovano presso le pendici del Monte Cecilia, il versante meridionale del Monte Calbarina, le località Mottolone e Sassonegro.
Per la loro elevata funzione di mantenimento della biodiversità, i "vegri degli Euganei" sono stati riconosciuti a livello comunitario come habitat da tutelare. Da segnalare le fioriture di orchidee selvatiche appartenenti a diversi generi e, in alcuni di essi, anche per la presenza della Ruta Patavina.
Molto suggestivo è vedere l’inversione termica che, specie in inverno, rende magico il vegro del Mottolone.

Il faggio del monte Fasolo
La presenza sui Colli Euganei del faggio (Fagus sylvatica), principale albero della foresta montana di latifoglie che vive sulle Alpi tra i 700 e 1400 metri, è legata ai lunghi cicli glaciali che caratterizzarono l’Era Quaternaria (da 1,6 milioni a 15.000 anni fa). Il nome faggio deriva dal greco “phagéin”, mangiare, in relazione al frutto commestibile e ricco di olio, chiamato “faggiola”.
È un albero, molto longevo, di grandi dimensioni con tronco dritto, corteccia liscia di colore grigio e chioma densa. Le foglie, disposte in due file, e sono semplici di forma ovale con margine ondulato e leggermente dentati; i fiori sono penduli e poco appariscenti. Fiorisce nei mesi di aprile e maggio.
Il “grande faggio”, situato lungo il calto che scende dal Monte Fasolo immerso tra faggi, carpini, querce e bosco ceduo di castagno, è alto 18 m e il fusto è vistosamente inclinato verso ovest e si è originato dalla fusione di due tronchi. La chioma presenta una ramificazione articolata e ricadente ad ombrello.
Sui Colli Euganei il faggio è presente anche sui versanti settentrionali dei monti Venda e Vendevolo, Madonna e Grande, Rua, Ventolone, Ricco e Cero.
Oltre al faggio, tra le altre specie vegetali “relitti glaciali” sui Colli Euganei sono da ricordare la betulla (Betula pendula), il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), il giglio di S. Giovanni (Lilium bulbiferum), il giglio martagone (Lilium martagon), l’epimedio alpino (Epimedium alpinum).
L’uomo da sempre apprezza le qualità del legno di faggio; da esso si ricava un ottimo combustibile e la materia prima per fare sedie e piccoli arnesi. In particolare è ideale per creare i manici, tanto che i Veneziani se ne servivano per realizzare i remi delle loro imbarcazioni.

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