In una tenuta di campagna fuori Este, strategica per la vicinanza con i corsi d'acqua navigabili, una famigia veneziana costruisce all'inizio del 700 il più grande palazzo di Este, oggi ancora ampliato dai Salesiani che ne fanno, a fine '800, un centro formativo di livello regionale.
Alla fine del 1700 l'edificio era solo quello centrale, lungo e stretto, in una tenuta oltre lo Scolo di Lozzo, all'esterno della cinta ideale data dal presidio del Ponte della Torre. Era stato costruito dai Pesaro, che sin dal 1500 avevano tenute e affari nella zona, legati ai pedaggi dei ponti, ai traffici lungo il fiume, alle forniture d'acqua e di ritiro delle "scoasse" dalla città: insomma i concessionari dell'azienda ambientale di Este dell'epoca.
Il complesso nell'800 viene utilizzato come caserma per le truppe napoleoniche e austriache, si degrada e si trova vuoto e semiabbandonato nel 1878, quando viene acquistato dal nobile estense Benedetto Pelà per i Salesiani, che, con la guida del Vescovo di Padova Manfredini, ne fanno un centro di formazione importante, promosso direttamente da Don Bosco. Nel giro di 50 anni i corpi laterali vengono completamente ristrutturati e ampliati, sino alla configurazione ad H attuale.
Il palazzo gigantesco viene finalmente utilizzato appieno con le scuole e soprattutto il collegio salesiano, che ha ospitato in 150 anni migliaia di ragazzi, costituendo una risorsa fondamentale per l'intero territorio del Veneto meridionale.
La costruzione del palazzo, attribuita al Longhena (l'architetto della Basilica della Salute veneziana) è probabilmente opera del suo allievo Antonio Gaspari, il quale portò a termine anche Ca' Pesaro a Venezia. La ricchezza barocca del corpo centrale, rivestito in pietra di Nanto, non è frequente nell'edilizia civile della bassa padovana e, quindi, caratterizza questa residenza di campagna come un vero e proprio palazzo di città.
Al fasto su entrambe le facciate del corpo centrale, realizzato intorno al 1730, non corrispondono interventi decorativi sulle parti laterali del gigantesco edificio, forse per una interruzione delle fortune dei proprietari, che abitarono solo saltuariamente il complesso e, a partire dall'inizio dell'800, lo lasciarono progressivamente in abbandono.
Vicino al giunto con i corpi laterali il Palazzo disimpegna i piani superiori con due ampie scale ellittiche, segno puntuale del barocco che irrompe nella tipologia del palazzo ancora classicheggiante (come la facciata, movimentata solo nelle campate centrali).
Il bel restauro del 2010 restituisce una potente unitarietà alla facciata, che nella memoria locale è invece distinta tra una parte nobile e fin sovraccarica di decorazioni e la parte laterale, più simile all'ediliza corrente dell'epoca.
Il grande lotto di pertinenza ha ancora la recinzione originaria e quindi il palazzo, nonostante aggiunte e rifacimenti, è ancora percepibile come nel suo periodo migliore.
Mentre al piano nobile gran parte degli affreschi sono scomparsi, al piano superiore il restauro ha rinfrescato alcune stanze con vedute marinare o veneziane, sotto soffitti con buffe finzioni prospettiche dove i vasi sui davanzali paiono cadere addosso a chi guarda.
La parola Paysage si usa la prima volta per i quadretti che i nobili francesi di campagna si portavano dietro quando andavano a Parigi, alla corte del Re. Ai piani superiori di Ca' Pesaro è Venezia ad essere ricordata, una nostalgia della nobiltà della laguna costretta a vivere nei campi di terra.
Il palazzo, nonostante il totale isolamento e l'utilizzo privato, è conosciutissimo e la facciata con il vialetto di ingresso costituisce una delle immagini rappresentative dell'identità urbana di Este.